giovedì 7 giugno 2018

Roba da Lettori #18 - Di serie e saghe, ovvero quando un autore dovrebbe dire basta.

Cari visitatori della Tana, 

oggi - dopo secoli! - torna la rubrica Roba da Lettori, che come sapete amo dedicare ai temi che più stanno a cuore a noi amanti dei libri.

Qualche settimana fa ho letto della scelta di Alice Basso di mettere un punto alla sua serie di romanzi che vede come protagonista la ghostwriter Vani Sarca con il prossimo libro, il quinto. Proprio questa decisione ispira il post di oggi, in cui voglio parlarvi di quello che secondo me è il momento giusto per scrivere la parola fine su una serie di libri.

Partiamo da un punto fermo: io amo le serie di romanzi. Sin dalla mia infanzia, infatti, le storie episodiche sono state quelle che mi hanno ispirato di più rispetto alle autoconclusive e ancora oggi preferisco per molti versi le prime, soprattutto quando la scrittura che incontro è di qualità.
Ritengo opportuno però a questo punto fare una distinzione tra alcuni tipi di serialità.

Il primo è quello delle serie episodiche vere e proprie, in cui troviamo uno o due protagonisti fissi e forti, ben delineati, che nel corso della loro vita letteraria affrontano diverse situazioni a fronte di personaggi secondari che invece cambiano di episodio in episodio. Abbiamo esempi illustri in questo campo nelle serie di gialli, noir e thriller, partendo da Sherlock Holmes per passare a Poirot e Miss Marple, fino ai più moderni Temperance Brennan, Kay Scarpetta, Lincoln Rhyme e Amelia Sachs e tra gli italiani l'amatissimo Commissario Montalbano ma anche il Vicequestore Schiavone
Il giallo, come il thriller e il noir si prestano benissimo alla serialità, soprattutto quando gli autori riescono a mantenere il difficile equilibrio tra la vita e lo sviluppo individuale dei protagonisti ed i casi che di volta in volta questi devono risolvere.
Accanto a questa tipologia di serialità ultimamente sul mercato letterario sono arrivati degli "ibridi", ossia dei romanzi seriali che sono indicati come gialli o noir, ma che si avvicinano e fondono ad altri generi, soprattutto il romance. Esempio eminente, oltre a quello, appunto, della serie di Vani Sarca, è quello della serie di Alice Allevi, il giovane medico legale nato dalla penna di Alessia Gazzola.
Altro tipo di serialità è quello che spesso incontriamo nel mondo del fantasy e dei suoi generi derivati, in cui la storia è interamente incentrata sulla vita dei protagonisti e sulla loro crescita, con una o più avventure che si sviluppano nel corso dei romanzi. Possiamo citare esempi "ingombranti" in materia, come la saga di Harry Potter, quella de Il signore degli anelli, ma anche le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George R.R. Martin, dove tutto ciò si fonde in una serie corale raccontata dal PoV di più di dieci personaggi.

Fatta questa dovuta premessa, passerò alla domanda dalla quale nasce questo post e proverò a dare la mia risposta.

La prima tipologia di serie di cui vi ho parlato è potenzialmente infinita. Se ci pensate i detective potrebbero affrontare davvero un gran numero di casi, perché sono proprio questi a catturare l'attenzione del lettore una volta che il protagonista è ben delineato.
Il rischio però è altrettanto grande: ci sono eventualità in cui il personaggio principale diventa davvero "ingombrante" e gestirlo comincia a diventare difficile.
Pensate a Conan Doyle e al suo Sherlock Holmes: quando l'autore decise di interrompere la serie, L'ultima avventura, provocò l'ira dei suoi lettori, che lo convinse a tornare sui suoi passi e a scrivere un nuovo romanzo, Il mastino dei Baskerville, ambientato prima della sua morte, per poi farlo ritornare in vita nei racconti pubblicati nelle raccolte successive, dimostrando che il personaggio che aveva creato aveva assorbito interamente la sua carriera di scrittore.
Altro rischio, che ho notato emergere soprattutto nel thriller, è quello di voler rendere i casi di cui i detective si occupano sempre più complessi e a volte addirittura rocamboleschi, con tanto di inseguimenti mozzafiato, sparatorie ad ogni piè sospinto e morti scampate per un pelo.
Insomma, si scrive di tutto pur di attirare l'attenzione del lettore e tenerla viva.

La seconda tipologia di serie invece è, per motivi di struttura, di solito, destinata ad avere una conclusione in un numero limitato di volumi, perché una volta completato lo sviluppo dei personaggi e conclusa la loro avventura, proseguendo ad oltranza si rischia di cadere in un loop in cui i personaggi si svuotano.

Ecco, proprio quest'ultimo credo sia l'errore più grave in cui u autore può cadere, a prescindere dal tipo di serie che sta scrivendo. Un personaggio deve avere un suo sviluppo coerente con il modo in cui l'autore lo ha immaginato, ma forzare troppo la mano per renderlo più interessante, sconvolgere quello che era in principio senza dei validi motivi, oppure insistere creando delle situazioni sempre più improbabili che siano di contorno alla sua storyline...beh, è meglio di no.
Personalmente preferisco leggere una serie breve ma che sia ben studiata e strutturata piuttosto che una composta da tanti volumi in cui storia e personaggi si perdono per strada.
D'altronde un autore fatica molto a creare, ma davvero, perdersi in nome di un altro racconto, di un altro romanzo o di un'altra storia è fin troppo semplice.
Per questo non posso che dire di aver apprezzato Alice Basso per il coraggio e la coerenza di mettere un punto alla sua serie con il prossimo romanzo. Per quanto io ami moltissimo i suoi personaggi, riconosco la qualità e i motivi di questa scelta.


E voi cari lettori, che ne pensate?
Mi piacerebbe leggere delle vostre esperienze in merito, quindi raccontatemele pure nei commenti!

Alla prossima.








4 commenti:

  1. Ciao Annie, credo proprio che tu abbia ragione. Mi dispiace perdere Vani Sarca ma sono certa che il talento della Basso porterà alla luce nuove entusiasmati storie. Quindi come te amo le serie ma preferisco che siano brevi e ben congeniate che lunghe da tirare il brodo. Post molto interessante!;)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sono convinta anch'io che la Basso creerà storie e personaggi altrettanto validi e condivido la sua scelta.
      Per il resto vedo che ci troviamo d'accordo e ti ringrazio per i complimenti :3

      Elimina
  2. Ciao Annie <3
    Anche io amo le serie, ma come dici tu, preferisco che si vada avanti per parecchi volumi solo se si ha effettivamente qualcosa da dire. Un bell'esempio secondo me è la serie di Jacqueline Carey. Dopo la trilogia di Phédre ne ha scritta un'altra, dove Phédre è ancora tra i protagonisti ma non è più la sua storia, è la storia di Imriel, un altro personaggio che avevamo incontrato nella prima trilogia. Questo ti permette di vivere nuove avventure senza cadere nel banale ma allo stesso tempo senza abbandonare i personaggi che hai amato. Ovviamente, anche quando si fa così, bisogna sapere quando fermarsi!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Trovo la soluzione speriemntata dalla Carey piuttosto intelligente. Permette di esplorare la storia da un PoV diverso e di approfondire un personaggio in modo non banale e sviluppando la storia senza renderla ripetitiva.
      Sul "quando fermarsi" potremmo discutere molto, ma davvero credo che gli autori dovrebbero rispettare molto di più i loro personaggi e la loro creatività piuttosto che scivolare nel pozzo senza fondo del fanservice.

      Elimina